Il 10 giugno 1889, durante l’abituale vacanza a Napoli, dove soggiornavano nella reggia di Capodimonte Umberto I° e la regina Margherita, accadde un fatto importante nella storia della pizza. Lei fu curiosa di assaggiarne una e il pizzaiolo Raffaele Esposito con forno in Salita di Sant’Anna di Palazzo, a pochi passi da Palazzo Reale, ebbe l’onore di servire proprio Sua Maestà, quella Margherita che, pur mangiando il pollo con le dita, con gentilezza e savoir faire stava conquistando alla causa monarchica pure gli spiriti più accesamente repubblicani, come lo stesso Giosuè Carducci.
Don Raffaele preparo tre pizze: una con sugna, formaggio e basilico, una con aglio, olio e pomodoro e una con mozzarella, pomodoro e basilico, i tre colori della bandiera dello Stato unitario sotto la corona sabauda. La regina le assaggio tutte tre. Don Raffaele rimase tutta la notte a domandarsi se il suo lavoro fosse stato all’altezza della prima donna d’Italia e non potè prendere sonno. Ma…
Il giorno seguente, da Casa Reale, don Raffaele si vide recapitare un biglietto su carta intestata, nel quale il “Devotissimo Galli Camillo, Capo dei Servizi di Tavola della Real Casa”, comunicava la “piena soddisfazione di Sua Maestà”. “Come si chiama, quella pizza con pomodoro, mozzarella e basilico, che era la piu gustosa delle tre proposte?”, fu chiesto a Raffaele e quegli, sveglio e tempestivo: “Margherita, in onore di sua Maestà!”. E accompagno quelle parole con una riverenza. Era fatta, la fortuna sua, della pizza col nome della regina e della pizza in genere.
La vera storia della Pizza Margherita
A onor del vero, quella pizza che don Raffaele Esposito battezzo Margherita, non fu invenzione estemporanea del pur geniale e sveglio pizzaiolo di Sant’Anna di Palazzo, perché con quella stessa presentazione esisteva già prima. Non era considerata tra le più classiche e importanti, pero a Napoli si faceva già. Per esempio, per un’altra regina, la borbonica Maria Carolina, che di pizze era ghiotta, tanto che aveva voluto a corte, nel palazzo di San Ferdinando, un forno apposito. Carolina amava molto quella pizza bianca, rossa e verde; ma, se avesse potuto immaginare che quelli sarebbero stati i colori dell’Italia unita sotto un’altra dinastia, che avrebbe cacciato la sua, non ne sarebbe stata piu tanto entusiasta.
Convinti gli artisti e gli scrittori, e dopo l’esplicito nullaosta di Casa Reale, anche la borghesia napoletana non ebbe più remore e si impadronì del cibo per tanto tempo snobbato. Poco per volta, anche fuori Napoli crebbe la curiosità. Nessun turista più, da allora, arrivando a Napoli, volle sottrarsi all’esperienza della pizza. Passarono ancora un po’ di anni, cambiarono un po’ di cose, in Italia e nel mondo. La pizza rimaneva sempre una specialità di Napoli e dintorni, da mangiarsi a Napoli e dintorni, non più soltanto come cibo da strada, ma anche come sfizio da tavola, in compagnia”.
Tratto dal libro “La Storia della Pizza” di Giuseppe Saturno.